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Il territorio di San Silvestro PDF Stampa E-mail

Il Rione San Silvestro è uno dei quartieri più antichi della città di Asti. Il suo territorio ingloba la parte più antica della città di Asti, ovvero l' AST  ligure risalente all' VIII secolo a.C.;  in origine "rocca fortificata" celtica diventa in seguito Castrum Episcopi, poi  Castrum Veteris, poi Castelvero ed infine Castelvecchio, che dominava la città e ne costituiva il culmine visivo, sede della guarnigione militare durante le dominazioni Viscontea, Orleanese, Sabauda e Napoleonica. Questo nucleo è ora individuabile nel sedime del Bosco dei

Partigiani, prolungato nelle pertinenze delle mura del sec. XII e del Castello, ora demolito nei baluardi e adattato a dimora privata. Importante fonte di alimentazione idrica spontanea della rocca e per alcuni tratti confine naturale del territorio di S. Silvestro  fu il Rio Valbrenta,  forzato ed interrato il secolo scorso. Della città romana di HASTA è compreso il teatro del I secolo, con le botteghe adiacenti  ed il cimitero altomedioevale. La cinta muraria del Libero Comune racchiude il Recinto dei Nobili, suddiviso in dieci zone dai precisi compiti giuridici e militari dette "porte";  S. Silvestro è formato da Porta S, Gaudenzio e da Porta S, Michele, di origine longobarda e pustierla militare per la sua apertura verso il Marchesato del Monferrato.  Vi sono costruite le caseforti dei "nobili di crociata" Guttuari, Turchi, Isnardi, Alfieri e dei "nobili di mercatura" Solaro de Caneto, le cui tracce sono evidenti nelle cantine e nelle ristrutturazioni del settecento. La presenza della Zecca e della guarnigione Viscontea nel castello arricchiscono il territorio di famiglie lombarde e orleanesi di funzionari, alcune delle quali  sono ancora residenti ; nel Palazzo Magno il Signore di Milano Giangaleazzo Visconti riceve la dedizione della Città ed ordina l'adeguamento degli Statuti Comunali alle esigenze dell'epoca e dal 25 al 30 giugno 1389

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Il Rione San Silvestro nel Theatrum Statuum Sabaudiae del 1671

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Il Castelvecchio in un'incisione Seicentesca

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Il Castelvecchio nella interpretazione Trecentesca di Ottavio Baussano

 


La zona del Castelvecchio


Il grande "castrum", già nei documenti del 924, era definito "vetus", non solamente una costruzione strategica militare, ma anche il centro del potere politico; non a caso il castello fu donato nel 938 dai re Ugo e Lotario al vescovo Brunigo, l'allora tenutario del potere temporale e spirituale della città. Da quel momento la fortezza diventa "Castrum Episcopi" fino ai primi decenni del Duecento, quando i vescovi abbandoneranno il castello (pur mantenendone il possesso) a favore di alcune residenze fortificate nella diocesi di Asti (Bene Vagienna, Vezza d'Alba, Sant'Albano Stura) che occupavano durante l'anno per poter controllare meglio le popolazioni locali più turbolente. Dagli studi di Renato Bordone, riportati da G.Bera nel suo libro "Asti : Edifici e Palazzi nel medioevo", egli descrive il Castelvecchio come una serie di costruzioni, tra cui la dimora episcopale e due edifici di culto: la chiesa di Sant'Ambrogio (diventata nel 1024 di Sant'Aniano) e la cappella di Santa Maria in Castello (probabilmente la cappella privata episcopale). Tutt'intorno un recinto fortificato con fossati e cortine murarie. Il complesso era separato dal resto del perimetro murario della città tramite un fossato. Solo verso il Duecento il castello fu inglobato nelle fortificazioni cittadine. Nel 1297, la potente fazione dei De Castello, dopo aver espulso le famiglie guelfe dalla città, occuparono il castello ampliandolo e dotandolo di nuove fortificazioni, trasformandolo in una vera e propria cittadella fortificata. Castelvecchio tornò di pertinenza vescovile dopo alcuni anni. Dalla prima metà del Trecento, il castello passò sotto la proprietà laica, le signorie Viscontee, prima con Luchino, poi con Gian Galeazzo, ingrandirono il castello.
Le modifiche strutturali sono visibili nella carta del Theatrum Statuum Sabaudiae, dove si vede una costruzione a base quadrata, molto simile ai castelli Viscontei trecenteschi presenti nel nord Italia. All'interno il cortile era suddiviso in quattro corti, con nove torrette che sporgevano dai vertici di ogni "quadra". Sottostante il Castelvecchio, si apriva la Contrada di San Maurizio caratterizzata dalla grande chiesa domenicana della Maddalena. Più a sud verso la chiesa di San Silvestro, vi era la Contrada di San Michele, che prendeva nome dall'omonima chiesa che sorgeva nell'area tra via Morelli, via Testa, via Castello e via De Gasperi. Sempre in via de Gasperi, si apriva la porta di San Michele. Nel Seicento, le antiche contrade medievali assunsero il nome di "ventine", ognuna con una piazza principale che fungeva da centro di aggregazione (per balli o feste) in tempo di pace, o piazza d'armi in cui si concentravano gli uomini, pronti a mobilitarsi nel periodo bellico.
L'area intorno alla chiesa di San Silvestro era denominata ventina Grattapaglia ed aveva come centro di raccolta la piazza d'armi di San Michele sotto il Castello.
Nella zona più orientale del Rione, vi era la Contrada de Pena di Oro, corrispondente all'attuale via M.D'Azeglio, prendeva il nome probabilmente dall' osteria della piuma d'oro. Nel XVI secolo si insediò la Famiglia Ventura che dette i natali allo speziale Guglielmo Ventura, famoso cronista astese medievale.

 

Porta San Gaudenzio


La porta omonima si apriva nel primo cerchio di mura all'altezza dell'incrocio tra via Massimo d'Azeglio e via Antica Zecca, e prendeva il nome da un'antica chiesa o convento esistente nei pressi, ma di cui si era già perso il ricordo nel XII secolo. Non è da escludere tuttavia che San Gaudenzio non fosse altro che l'attuale San Silvestro, che come si sa fu consacrata da papa Urbano II nel 1096. La titolazione a San Silvestro papa, un santo creato dalla propaganda pontificia proprio in quegli anni, ha tutto il sapore di un omaggio al grande Urbano, ma riguardò forse una chiesa più antica, sorta già nel IX secolo con San Sisto e Sant' Ilario, e dedicata al primo Vescovo di Novara. La denominazione antica della porta, sicuramente sorta prima del 1095, non mutò per tutto il periodo comunale. Il quartiere di Porta San Gaudenzio si estendeva su gran parte della parrocchia di San Silvestro, e su piccole porzioni di quelle di San Secondo e San Sisto. Era delimitato a est da via M. D'Azeglio, a sud da via Carducci e dal prolungamento di questa fino alla piazza Medici, a ovest dall'attuale piazza Catena, a nord da via Hope - via Orfanotrofio e via San Silvestro fino ad incontrare le mura. In epoca medievale era costituita da due Vicinie o Contrade. Una la conosciamo perfettamente grazie ai documenti relativi ad una lite sorta tra i parroci di San Secondo e di San Silvestro, che in tale ventina confinavano. Si chiama CANETO come una celebre contrada genovese, e tale nome ricorda forse il periodo tardo romano quando la zona era ancora fuori  le mura e forse occupata da gerbidi. Si estendeva tra via Carducci e via Hope. Vi sorgevano le case  di una parte dei Solaro detti per questo "de Caneto", fra cui spiccava il celebre Francesco detto Gamba di Ferro. Siccome il resto del quartiere era controllato dai ghibellini, quando presero il potere nel 1304 per prima cosa pensarono bene di distruggere le case ed i palazzi dei potenti ed odiati vicini di casa. Al posto del Caneto rimase un gran buco vuoto per alcuni anni. Nel 1353 il Marchese Giovanni Paleologo cominciò a farvi costruire un grande palazzo, ultimato solo verso il 1379, quando Gian Galeazzo Visconti, ottenuta Asti, lo confiscò e ne fece la sua dependance.

 

Ventina di San Silvestro


Avendo già descritto i confini non ci resta che dare uno sguardo agli abitanti. Molte ed illustri famiglie nobili, attirate nella zona nel corso del XV secolo per la presenza del palazzo ducale del Governatore. Già dall'epoca del primo comune risiedono in questa ventina gli Isnardi ed i Guttuari, che presero il nome "De Castello" proprio per la vicinanza all'antico Castelvecchio. Questi ultimi, che avevano casa in luogo dell'attuale canonica di San Silvestro, si trasferiscono precocemente in altre zone della Città. Gli Isnardi rimangono invece fedeli al loro territorio d'origine, ove dispongono di due bei palazzi: uno è quello conosciuto erroneamente come "palazzo Magno" in via Morelli, l'altro, della linea Isnardi di Sinfredi, è ben visibile sul retro della Camera di Commercio, dal sagrato dells parrocchia. All'epoca Orleanese risale probabilmente l'insediamento di alcune famiglie dell'apparato statale, prima fra tutte quella degli ASTESANI, discendenti da Antonio, segretario privato del Duca Carlo e buon poeta latino. Manfredo e Bartolomeo Astesano alla metà del cinquecento avevano diverse case in tutta la zona di San Silvestro, ma la loro residenza principale era in faccia all'attuale complesso della Consolata, tra via Hope e via Orfanotrofio.

 

Porta San Michele


Fu chiamata anche Postierla perchè di minor importanza viaria rispetto alle altre. Secondo alcuni storici si apriva tra il Castelvecchio e la Città, e non comunicava con l'esterno. E' assodato che essa sorgeva nei pressi dell'incrocio tra via De Gasperi e Corso Dante, che vi usciva la strada diretta a  San Raffaele, alla Certosa e a Castell' Alfero, e che fu murata con la realizzazione del Recinto dei Borghigiani. Prendeva il nome dall'antica parrocchiale di San Michele, ubicata sulla via G. Testa tra via Morelli e via De Amicis (forse più vicina a quest' ultima). In epoca medievale il quartiere di porta San Michele doveva essere diviso in due vicinie facenti capo alle due parrocchie confinanti di San Michele e di San Maurizio. Della prima si è già detto: la seconda comprendeva l'area della Consolata e dell'attuale palazzo dell’Ex Tribunale. I due isolati da molto tempo sono quasi interamente occupati da strutture non abitative (un tempo due conventi molto vasti, oggi strutture scolastiche ed uffici) ma fino al terzo decennio del cinquecento erano quartieri fittamente popolati. La chiesa di San Maurizio, con annesso ospedale, doveva sorgere nei pressi dell'attuale chiesa della Consolata. La crescente importanza strategica del Castelvecchio a seguito delle trasformazioni strutturali volute da Luchino Visconti comportò il progressivo degrado dell'area: dapprima lento, poi inarrestabile a partire dalla metà del seicento, per arrivare alla quasi totale desertificazione nel XVIII secolo, quando il Provenzale lo definiva "..sito molto disabandonato." Alla metà del cinquecento, tuttavia, il quartiere era ancora vivace ed abbastanza popoloso, sia pur ormai costituito da una sola ventina.

 

Ventina di Castelvero o di San Michele


All'epoca Castelvecchio si diceva "Castelvero" e "sotto Castelvero" era un'indicazione topografica che indicava l'area a monte di via Testa. I confini della ventina, coincidenti con quelli della Porta, comprendono oltre alle due parrocchie prima citate anche una porzione della parrocchia del Duomo, certamente appartenuta in epoca medievale a quella soppressa di Sant' Aniano, e piccole parti di San Silvestro. Partendo dal sagrato della Consolata seguono via Hope, piazza Catena e via Natta; da qui tagliano in linea retta verso nord fino ad incontrare via Testa, che seguono fino a via Giobert, e di qui fino alle mura, di cui seguono il circuito a Nord fino a via De Gasperi. Da qui lungo via Antica Zecca fino a via San Silvestro e la prosecuzione di questa oltre via Morelli, fino a tornare alla Consolata. E' bene ricordare che l'area del castello non rientra nella giurisdizione civile, ma appartiene alla Signoria come una proprietà privata. Tra le famiglie nobili di questa  ventina una delle più antiche ed illustri è quella dei BRUNO, che esprimeva giudici e giurisperiti già in epoca comunale, e che ebbe notevole impulso nel periodo Orleanese.

 

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